Mi hanno chiamata dandomi un appuntamento per colloquio e selezione.
Devo dire la verità, non avevo neanche capito molto bene di cosa si trattasse.
Avrò inviato il curriculum ad un annuncio poco preciso.
Un’azienda che fa ricerche di mercato, dietro i Parioli, con un super mega sito.
Vabbè vado!
Mi faccio accompagnare nel caso non trovassi parcheggio, così da non fare tardi.
L’appuntamento è fissato per le 12.00, la pioggia quella mattina è stata torrenziale ed il cielo grigio non aiuta lo spirito di chi va a fare un colloquio di lavoro un po’ alla cieca.
Arrivo, all’accoglienza dietro un bancone più alto di lei una signora mi chiede un documento.
Se lo tiene e mi consegna un lascia passare. Mi volto e dietro di me un mucchio di gente. Tutta diversa, dalla ragazzetta in jeans, lo studente universitario scanzonato, alla signora con le unghie fintissime e l’aria di chi di questi posti la sa lunga.
Il colloquio dunque non è individuale.
Ci fanno attendere tutti una mezz’ora per poi, dopo una telefonata di ok alla reception, mandarci tutti al secondo piano. Saliamo le scale chiedendoci a vicenda cosa ci era stato detto per telefono. Nulla.
Stanza 201.
Per arrivarci seguiamo un lunghissimo corridoio color azzurrino da cui si poteva accedere a stanzoni pieni di postazioni con pc e telefono. Qualcuna aveva gente sparsa ma nulla di imponente. Lo stabile comunque è tutto loro ed è pieno di gente che va e viene, che timbra il tesserino, che esce furtiva a fumare sigarette.
Dalla stanza 201 spunta una signora che ci fa entrare nella stanza più grande proprio lì davanti, ci fa accomodare ognuno ad una di queste postazioni mettendoci sotto il naso un foglio.
Un questionario dove erano richieste generalità, situazione familiare, preferenze di orari di lavoro, attività lavorative svolte e poco altro.
Ci lascia un quarto d’ora per riempirlo (3 minuti sarebbero bastati e avanzati) e poi arriva finalmente a spiegarci che diavolo stessimo facendo lì.
Dunque: si lavora a progetto, in base alle ricerche che vengono commissionate alla società.
Quindi in un mese si può lavorare una settimana, 3 giorni o tutto il mese. Comunque mai di seguito.
Il contratto…beh con queste condizioni è difficile parlare di contratto.
Gli orari? Facendo solitamente ricerche su uno “standard familiare” gli orari sono quelli pomeridiano-serali.
Ma sul questionario c’era l’opzione mattina!
Parliamo allora della paga. Beh dipende…perché dipende da quanto si fa durare una telefonata, da quante se ne fanno in un giorno. Non è mai uguale. Si ho capito ma ci sarà un tot ad ora?
No, ci saranno anche delle “spie interne” che ascolteranno a vostra insaputa le telefonate che farete e valuteranno l’operato in termini di minuti e qualità.
Ricapitoliamo: non si sa quando si lavora, non si sanno gli orari e comunque non si possono scegliere come volevano farci credere, non si può sapere la paga, tutto senza contratto…ah i giorni di formazione sono gratuiti…insomma senza lavoro.
Ho gentilmente richiesto il mio questionario compilato e firmato e sono scesa dalla bassa signora della reception per riavere anche il documento.
La pioggia presa dal portone del palazzo alla macchina è bastata a lavar via lo schifo provato in quel posto in cui di possibilità non ce ne sono e sei nessuno.
Dove non sono richieste capacità ne competenze.
Nessuno è indispensabile, nessuno ti chiamerà mai per nome.
C’è Leonardo lasciato dai nonni da riprendere, di corsa verso casa.
mercoledì 6 maggio 2009
RICERCA DI MERCATO. TROVATO?
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ci vuole una rivolta. precari di tutto il mondo uniamoci rendiamo precario questo sistema. Rivolta.
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